Domenica, in Francia, si vota per il ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. I sondaggi sono unanimi nel prevedere la vittoria del presidente in carica, differiscono, tra il 10 e il 15%, nel valutare il distacco tra i due contendenti. Il test non interessa solo la Francia, interessa tutta l’Europa e per diverse ragioni.
La Francia con la Germania e l’Italia è uno dei paesi più grandi e uno dei paesi guida dell’Unione Europea e la posta in gioco di queste elezioni, la questione politica fondamentale cui i cittadini francesi chiamati alle urne devono rispondere è esattamente questa: volete più o meno Europa?
Volete andare avanti nell’integrazione economica, politica e ormai anche militare tra i paesi dell’Unione o volete fermare, rallentare, ridiscutere questo processo?
Il fatto che queste siano le prime elezioni politiche che si svolgono nel corso della guerra di aggressione della Russia all’Ucraìna ne aumenta il valore, la portata, le conseguenze. Se, come molti pensano e io tra questi, la guerra in Ucraìna segna e segnerà un mutamento d’epoca nel presente e nel futuro della storia d’Europa – e probabilmente del mondo – il voto di domani in Francia sarà il primo test che ci darà la misura di come i cittadini vivono questo passaggio.
In questo senso sarà decisivo a chi attribuiranno la vittoria ma sarà importante anche quale risultato riporterà il candidato o la candidata soccombente.
Astutamente Marine Le Pen ha cercato in ogni modo di evitare di impegnarsi su questo terreno. In ogni comizio e anche nel duello televisivo ha sempre scelto di parlare delle sofferenze del popolo francese, soprattutto della sua parte più povera, più esposta al caro vita ed è stata accorata nell’enumerare le colpe del governo per l’aumento delle bollette, della benzina, della spesa alimentare.
Invece ha moderato i suoi precedenti strali contro la costruzione europea insistendo sul suo amore per tutti i popoli del vecchio continente giungendo a riproporre la vecchia formula del generale De Gaulle della “Europa delle patrie” contrapponendola all’odiosa Europa di Bruxelles, accentratrice, burocratica e tecnocratica.
E qui ha offerto a Macron l’occasione per sbugiardare lo spudorato voltafaccia di chi per storia ed eredità famigliare porta le stimmate del collaborazionismo di Vichy e della più violenta ed esecrabile avversione a De Gaulle. Macron, a sua volta, è stato molto convincente nel rendere evidente che il progetto di Le Pen è quello di “un uscita dall’Europa non dichiarata”.
Come altrimenti definire l’insieme di proposte che vanno dalla riduzione del contributo francese all’Europa, alla negazione del primato del diritto europeo su quello nazionale, all’uscita dal mercato europeo dell’energia, alla priorità occupazionale dei lavoratori francesi su quelli stranieri?
Quando poi, nel dibattito televisivo, Marine Le Pen è arrivata a dichiarare che il suo progetto è quello di sostituire all’Unione Europea un’indistinta alleanza con tutte le nazioni europee – Russia compresa – Macron ha avuto gioco facile nel tradurre in chiaro questi vagheggiamenti dicendole in faccia, “Insomma, quel che lei vuole è la distruzione dell’Unione Europea”.
Da quel che si è detto è facile ricavare che le presidenziali francesi parlano anche a noi. Sebbene il nostro sistema politico parlamentare sia profondamente diverso e il nostro dibattito pubblico più ovattato, elusivo ed equivoco anche in Italia, tra i nostri partiti e nell’opinione pubblica, ci sono inclinazioni, tensioni, fenditure altrettanto profonde, altrettanto laceranti. Temo molto che la crescente violenza della guerra russa all’Ucraìna, le devastazioni, i massacri, i crimini di Putin costringano a una escalation della risposta occidentale.
Europa e Stati Uniti non varcheranno il limite insuperabile che si sono imposti: quello della non partecipazione diretta alla guerra. Però vedo che anche solo l’incremento degli aiuti militari all’Ucraìna e delle sanzioni economiche alla Russia così risoluto da parte americana suscita invece dubbi e riluttanza nel cancelliere socialdemocratico tedesco.
E capisco l’angoscia di Macron: non vuol negare gli aiuti di cui l’Ucraìna ha bisogno per resistere, ma non vuole nemmeno che un’escalation dell’impegno militare divida l’occidente. Questa angoscia l’accompagnerà anche nel giorno della vittoria elettorale.