“Miei cari purtroppo oggi Luigi, l’amore della mia vita, ha spento l’ultima sigaretta” così ha scritto sua moglie Nicla annunciando la morte di Luigi (Gigi) Covatta sagace, forte e probo parlamentare e uomo di governo socialista. Un intellettuale politico e un politico intellettuale con quel tratto esistenzialista e trasandato dei ragazzi degli anni sessanta, impastati di ideali e di passioni, di riunioni, letture, dibattiti, convivialità e sigarette per i quali la politica era una cosa tremendamente seria, vera, un dovere e una lotta. E’ morto al lavoro, indomito come è sempre stato.
Ancora ieri ci siamo parlati, stavamo preparando un webinar in comune tra i nostri giornali socialisti, l’Avanti! e Mondoperaio per svegliare i sonnambuli a-politici di oggi e spronarli all’urgenza e alla necessità di una nuova riforma costituzionale. Per volgere in bene il male fatto col taglio del Parlamento dicevo io, “per cicatrizzare il taglio” diceva lui che tra gli altri doni aveva quello di saper sintetizzare concetti non
facili in formule icastiche. Ripenso al suo e al passato che abbiamo condiviso. Prima di diventare compagni nel PSI siamo stati amici, coetanei studenti universitari a Milano, filosofi in erba lui all’Università Cattolica io alla Statale. Per quanto schierati in movimenti concorrenti, lui con l’Intesa cattolica io con le associazioni laiche e di sinistra, ci piaceva – quanto ci piaceva! – discutere – anche animatamente come accade quando si nutrono forti passioni – discutere, magari litigare e volerci bene.
Fui felice quando nella temperie ideale degli anni settanta Gigi con il Movimento dei lavoratori fondato e guidato da Livio Labor aderì al PSI. Si schierò con Riccardo Lombardi mentre io ero seguace di Pietro Nenni così continuammo a disputare mentre diventavamo ancora più amici. Fui io a invitare Craxi a candidarlo al Parlamento ma non dovetti insistere: sebbene avesse un po’ in uggia il suo spigoloso scontento Craxi ne apprezzava l’intelligenza e la scrittura limpida e ne premiò l’impegno.
Insieme abbiamo preparato la Conferenza di Rimini che resta ineguagliato esempio di come intellettuali e politici possano collaborare in modo costruttivo e creativo per liberare la politica dai fumi dell’ideologia e l’accademia dalla boria dei dotti, per trascinarle entrambe qui sulla terra a misurarsi con la realtà e governare il cambiamento possibile in mezzo alle agitate utopie. Tra le tante altre iniziative che abbiamo promosso ne ricordo una in particolare intitolata “Quale riformismo?” tenuta a Bologna nel lontano 1985. La ricordo per la qualità dei contenuti forniti all’azione di governo e perché resta un memento ancora più attuale oggi quando molti si definiscono riformisti immaginando che il riformismo sia solo un metodo, un metodo neutrale esportabile in qualunque campo e visione politica – di destra e di sinistra, conservatore o progressista.
Amici nell’ascesa e nei successi del PSI lo siamo stati anche dopo il suo crollo, quello della Repubblica e negli ultimi vent’anni di diaspora socialista sempre cercando varchi al progresso italiano e al rinnovamento di una sinistra smarrita tra tecnocrazia e populismo, sradicata dalle sue origini socialiste e sfiorita a “ditta” o contenitore di divergenti ambizioni senza identità e senza una passione moderna. In questi stessi anni Luigi Covatta ha fatto di Mondoperaio, la storica rivista fondata da Pietro Nenni, divenuta celebre negli anni di Craxi con la rivoluzionaria Grande Riforma incentrata sulla repubblica presidenziale, il più aggiornato e vivace foglio di cultura politica custode di un patrimonio di ideali e di esperienze di insuperato, incalcolabile valore.
Ciao caro Gigi e grazie per tutto quello che hai fatto.
Claudio Martelli